Bunker Lacidonia, deposito carburanti per aviazione militare 1943

Golfo Aranci

Lacidonia

Lacidonia

La disponibilità di carburante fu uno degli elementi condizionanti del secondo conflitto mondiale. La Germania nazista fu all’avanguardia nella produzione di benzina sintetica, ma anche il Giappone e l’Unione Sovietica fecero ricorso a questa tecnologia. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale l’uso militare del petrolio per non parlare delle necessità industriali cresce al ritmo dell’estensione geografica e dell’intensificazione del conflitto. Fra il 1939 e il 1945 i belligeranti utilizzeranno da 50 mila a 70 mila tonnellate di benzina e prodotti raffinati al giorno. Del resto un aereo dell’epoca consuma circa un quarto di tonnellata di carburante ad alto tenore di ottani per 1000 cavalli/vapore l’ora.

Lacidonia è il sito che si trova a ridosso di Monte Ruju ( lato ovest ) il quale ospita il deposito bunker carburanti per aviazione militare costruito nel 1942. Il 18 e il 24 giugno 1943 il bunker é stato fatto oggetto di bombardamento da parte di 36 aerei americani B-25’s con 36 P-38’s di scorta del 310th Bomb Group N.A.A.F. che l’ hanno colpito con bombe da 500 libbre (227 kg) creando solo dei crateri superficiali senza comprometterne la struttura che cosi’ si é salvata giungendo fino ai giorni nostri.

Lacidonia

Lacidonia

Durante l’incursione è stata semiaffondata la nave mercantile Cor Jesu da 8000 T. e incendiata un’altra nave, tutte ormeggiate al porto, distrutti i banchinamenti e colpita la ferrovia! Lacidonia deriva dal nome dell’impresa romana che l’ha costruito (PIETRO CIDONIO) e si compone di due cisterne in calcestruzzo a pianta quadra di 32 x 32 metri di lato, interrate su piani differenti e ricoperte da strati di roccia e terra. L’accesso al tunnel si trova ad una profondità di 4 metri e vi si accede da una porta blindata. Dopo un percorso di circa 60 metri s’incontra una diramazione, una porta alla 1ª cisterna e l’altra dopo un percorso di 80 metri alla 2ª. La superficie di ogni cisterna secondo un calcolo approssimativo dovrebbe essere di 1024 m² e di 8192 m³, la capacità di troppo pieno dedotta dai manometri installati non doveva superare i 5,5 metri x 5.500.000 litri per cisterna per un totale delle due cisterne di 11.000.000 di litri.

Per ogni cisterna si contano 49 colonne aventi una circonferenza di 194 cm e un’altezza di 8-9 metri circa, il pavimento è interamente rivestito di lastre di ferro saldate di colore rosso. Il rifornimento si effettuava tramite una condotta di tubi che corrono lungo tutto il tunnel con varie saracinesche e che doveva prolungarsi sino al porto marittimo per il collegamento alle navi cisterna, mentre la circolazione dell’aria era garantita da delle grosse giranti azionate da un motore termico collocato all’esterno e collegate a dei grossi tubi in ferro annegati nel calcestruzzo con le relative griglie d’aerazione. Da notare l’ottima conservazione dei materiali usati per l’impianto elettrico che per sicurezza ( causa scoppio vapori benzina ) era tutto sigillato ermeticamente. Le pressioni in eccesso dei vapori della benzina delle cisterne venivano sfogati all’esterno tramite due sifoni, uno dei quali si puo’ notare alla fine del filmato, l’altra l’ho trovata adagiata (sic) sotto un albero.

Lacidonia

Lacidonia

Idiscrivibile la sensazione che si prova nel scendere la scala in ferro arrugginita ( reggerà o non reggerà ? ) ed entravo nella cisterna, buio totale, silenzio, aria respirabile priva di odori, quando ho acceso la torcia sembrava di essere in un tempio egizio. Per evitare che qualcuno si faccia male si consiglia vivamente di non scendere nel pozzo, infatti non solo è pericoloso per via della profondità e dei ferri arrugginiti che possono cedere, ma perchè non troverete l’ingresso, esso infatti si trova in una proprietà privata, motivo per cui non ho potuto filmare.

Nel video si è voluto solo rappresentare quello che si poteva trovare essendo la prima volta che il sito veniva visitato. L’ingresso si trova a 4 metri di profondità partendo dalla porta blindata.

A cura di Massimo Velati