Pozzo Sacro di Milis

Dall’era nuragica

Il pozzo Milis è una delle attrazioni, nonché luogo di studi archeologi, di Golfo degli Aranci soprattutto perchè, nel mistero che lo caratterizza, si potrebbe nascondere gran parte della storia del paese. Esso rappresenta il sito di ricerca, oseremo dire, più importante presente nel territorio golfarancino. La sua scoperta o meglio, scavo, risalirebbe, secondo la Soc. Adriatica di Scienze Naturali, intorno al 1889, e l’altra curiosità  è che veniva chiamato Puttu Romanu “Pozzo Romano”. Il nome Pozzo Romano, sostituito, non si sa per quale motivo, dal nome Pozzo Sacro Milis, desta ancor più curiosità  alla vicenda. Si sa di certo che il pozzo veniva utilizzato dalle imbarcazioni, che frequentavano le coste figariane, “in Golfo degli Aranci”, per il rifornimento dell’acqua.

Questo susseguirsi di eventi metamorfici, per quanto riguarda la storia del toponimo e quella della sua reale appartenenza anagrafica, ci induce a presumere che, con eventuali scavi intorno al perimetro del pozzo, si potrebbero svelare alcuni segreti che aiuterebbero ad arricchire la storia della nascita del paese di Golfo degli Aranci. Le sue caratteristiche sono: altezza m. 1,12 di larghezza alla base e cm. 73 all’architrave. La soglia dell’ingresso costituisce il primo dei 40 gradini originari “oggi ne troviamo solo 22”, che conducevano alla sorgente. Quei gradini non sono d’un solo blocco, ma generalmente di due “raramente tre” e presentano, oltreché una molto sommaria rifinitura per quel che riguarda la lavorazione, anche dimensioni diverse circa la profondità  e l’altezza. I primi 4 misurano rispettivamente: m. 1,12 x 0,17 x 0,37 di profondità ; 1,12 x 0,12 x 0,32; 1,15 x 0,10 x 0,32; 1,17 x 0,13 x 0,25. A copertura della maestosa rampata troviamo usato il solito sistema, comune alle costruzioni del genere, che da l’impressione, come si è osservato per “Sa Testa”, di una scala vista dal di sotto.

Essendo però la tromba della scala a sezione trapezoidale, con progressivo restringimento verso l’alto, i blocchi di copertura – dei lastroni di schisto locale – sono monolitici e poggiano, progressivamente degradando, suoi regolari piani di posa dei due lati. Data la presenza dell’acqua, che giunge, anche nei periodi di magra, fino al 17° gradino non è stato possibile osservare la conformazione del pozzo nell’ultimo suo tratto, ma sia dalla relazione del Lovisato che dalla analogia quasi perfetta che si nota con quello di  Sa Testa e di Su Trambuccone, esso dev’essere costituito da una pedana, che circonda la conca circolare da cui sgorga la sorgente. La tromba del pozzo – la cui ordinaria muratura è occultata da una sistemazione recente in mattoni – presenta un’altezza complessiva di m. 9,29. E, più precisamente: 4,71 dall’ultimo lastrone di copertura della scala, fino all’attuale orifizio esterno (nella controcupola), che presenta 68 cm. di diametro. La tromba del pozzo inoltre è protetta, all’esterno, da una controcupola di circa 5 m. di diametro per un’altezza residua,che non sorpassa il metro. Essa è stata recentemente, in parte, demolita per dar luogo a una piattaforma quadrata, su cui è stata posta una pompa aspirante. Se però, analogamente a ciò che si nota per quella di Sa Testa e come si riscontra , per esempio, in quella quasi intatta della (Fontana Coperta) di Ballao, dobbiamo pensare questa controcupola, fintante nella tipica forma a (tholos), con piccolo foro circolare per l’aerazione dell’acqua, essa doveva avere in origine, una altezza totale di poco inferiore ai 2 m.

Perciò, tutto sommato l’altezza complessiva del pozzo in questo punto raggiungeva l’altezza massima di circa 11 m., superiore perciò di almeno 4 m. a quella di Sa Testa (m. 7) ed uguale invece all’altezza del pozzo di Ballao (m. 11), col quale ci si trova anche, quasi perfettamente, nella misura del diametro del tamburo della controcupola ( Ballao m. 5,60; Golfaranci: m. 5). Come a Sa Testa, un’intercapedine di una altezza residua di cm. 80 (il fondo appare ripieno da materiale franato, per uno spessore imprecisabile), e una larghezza di 56 cm., protegge la costruzione dalle filtrazioni umide del terreno circostante, cui – anche qui – è stato addossato un muro di protezione. Quando alla struttura tecnica del monumento, vi si nota un’ammirabile regolarità  di paramenti, specie nei lati della rampata della scala. I piani di posa si seguono distintamente e colpiscono subito per quasi costante uniformità  d’altezza. Quattro consecutivi misurano: cm. 20; 27; 25. Meno curata, ma sempre presente, la regolarità  dei filari nelle cortine esterne sia della controcupola che del corpo centrale della costruzione.

Informe è invece il materiale di riempimento interposto – a quanto pare con fango – fra le due cortine. Il materiale usato – contrariamente a quanto si nota in tutte le altre costruzioni nuragiche dell’Agro di Olbia – presenta almeno tre varietà  di rocce: schisto grigio e chiaro (in prevalenza), calcare e granito (raro). La lavorazione dei blocchi – più curate che altrove nei lati della scala – accusa lo strumento usato: la mazza. Essi hanno proporzioni normali, con forma, generalmente, di parallelepipedi, eccetto in alcuni grossi massi che si vedono messi in opera, in funzione struttiva, alla base delle due pareti laterali alla scala. Poligonismo di forma, addossata al terreno circostante per realizzare l’intercapedine.