Panoramica generale
Golfo Aranci
Cartolina fine 800, ediz. Pietro Fara, viaggiata il 24 gennaio 1908. Nella bella panoramica si vede un piroscafo della NGI in porto e un piroscafo a ruota in rada, la caserma Regia Guardia Finanza e Dogana, e la villa Tamponi con i magazzini – Relazione del viaggio compiuta dall’entomologo Achille Costa nel Luglio del 1885 – Parto da Napoli col treno delle 7,42 a.m.; sono а Roma alle 2,00 p.m. Alle 2,35 riparto per Civitavecchia, ove giungo alle 4,25. Una vettura da nolo mi conduce dapprima all’Amministrazione dei Piroscafì postali italiani, onde prevvedermi del biglietto, e quindi al porto, di dove una barca mi porta al battello (era il Moncalieri) che fa il servizio giornaliero da Civitavecchia a Porto Figari od Olbianova. Alle 5,25 (cioè con venticinque minuti di ritardo causato dalla posta) il piroscafo salpa.
Il mare era placido, l’ aria rinfrescata da un vento di maestrale. Si progrediva con sufficiente celerità senza che si avvertisse alcun movimento; sicchè un solo de’ passeggieri mancò al pranzo che fu servito sopra coperta e che, cominciato alle ore 6 p.m., si protrasse fino alle sette; ed al the che si servì alle dieci. Alle 4 del mattino eravamo già nel denominato Golfo degli Aranci, quantunque non una sola di tali piante attualmente vi esista; forse ve ne furono in altri tempi. Alle 4 1/2 si scende a Porto Figari. Avevo visitato questo punto nel giugno 1882, quando cioè la ferrovia che doveva congiungerlo a Terranova era appena nel suo cominciamento.
In allora, solo qualche meschina casetta colonica vedevasi in quella campagna. Attualmente vi ha un vasto edifizio per la stazione, nel quale, oltre all’abitazione degl’impiegati, la Società delle Ferrovie sarde, con provvido divisamento, ha destinate alcune stanze sufficientemente decenti ad uso di Albergo. (è inesatto il sig. Pais la dove, in un discorso fatto lo scorso anno nella Camera de’ Deputati sulle condizioni della Sardegna, dice esservi in Porto Figari un solo abituro denominato albergo.
Sarebbe a desiderare che vi fosse in Terranova un albergo con stanze decenti e con servizio di ristoratore come quello di Porto Figari. Evidentemente il sig. Pais l’ha veduto da lontano, senza visitarlo). Pensai quindi profittare di tale opportunità per trattenermi qualche giorno, onde fare una perlustrazione in quelle campagne. Sicchè mi collocai in una di quelle stanze. Alle ore sette esco per la caccia, diretto al Capo Figari. Pria però di prendere l’altura, mi trattengo a cercare in vicinanza della stazione stessa, in un sito ove erano piante svariate già secche, frugando il terreno sabbioso da queste ricoperto, e qui ebbi la ventura di iniziare la mia campagna con una interessante specie d’Emittero Cidnideo, da me non ancora conosciuta in natura, la quale mi dava luminosa prova del fatto, che assai spesso il zoologo, sopratutto l’entomologo si defatiga e suda in località peregrine, mentre tiene i gioielli vicini a’ suoi piedi. È il Crocístethus Valtlií generalmente raro, e del quale il Garbiglietti nel Catalogo degli Emitteri Eterotteri Italiani riporta la varietà basalís Fieb. come della Sicilia. Nel continente italiano pare non siasi ancora rinvenuto; siccome il Puton, contrariamente all’ affermazione di Mulsant, dice non essere stato trovato in Francia. Erano poi non rari l’Engístus boops, che innanzi aveva sempre trovato in luoghi maremmosi; il Pachymerus Douglasii, che solo nel 1883 avevo rinvenuto sulle montagne di Desulo; la Macropterna convexa; il Lamprodema maurum, molto abbondante, sopratutto la forma macroptera.
Il promontorio che va denominato Capo Figari è completamente rivestito di Cisti e Lentischi, i primi de’ quali eran già quasi secchi. Nella zona meno elevata vi stan confusi Mirti, che trovavansi in fiore. Di qua e di là vi ha qualche olivo selvatico, poche piante di Ginepro. Vedevansi in oltre tuttavia in sito alcune Ferule già secche e fruttificate. Siffatta vegetazione monotona non solo, ma in parte seccata, dar doveva naturalmente asilo poco attraente agl’insetti. Ed infatti molto poco vi rinvenni. Nondimeno in tanta scarsezza vi raccolsi la Мutilla carinata, descritta da’ signori Sichel e Radoszkovsky sopra individui della Corsica. Di Coleotteri poco comuni eranvi la Scraptia ophthalmica, che trovavasi piuttosto abbondante, mentre precedentemente ne avevo rinvenuto appena un individuo nelle montagne di Desulo; il Pachybrachys anoguttatus, che precedentemente aveva sempre trovato in regioni montuose. Degli Ortotteri erano abbondanti l’Aphlebia sardoa e la Ephippigera rugosticollis, di cui la femmina offriva due varietà mollo diverse nel colorito, l’una d’un verde come il maschio, l’altra color foglia secca, con tre serie longitudinali di macchie rotonde più pallide sull’ addome.
Nelle parti elevate era frequente la Cicada orni, quantunque non vi fosse alcun frassino; e nelle più basse eravi anche più abbondante la Cicada cisticola. Di Ditteri rinvenni una specie non ancor conosciuta d’Italia, la Tephritis ramulosa, descritta da Löw sopra individui del Portogallo e posteriormente trovata in Dalmazia: sicchè il Rondani non ne fa menzione nelle Ortalidinae Italicae. Anche di Aracnidi vi fu qualche specie che non possedevo di Sardegna. Esploro altra parte del Capo Figari; e sebbene neppur molto abbondante fosse stato il prodotto, pure varie buone specie raccolgo non trovate il giorno precedente.
Principalmente, di Coleotteri, rinvengo un Tropíderes curtirostris, specie non segnata ancora della Sardegna, nè del resto d’Italia, conoscendosi soltanto della Francia e della Corsica; il Metholcus cylindricus, che vi era abbondante. Di Ortotteri raccolgo un Bacillus granulatus, che solo nel 1883 avevo trovato sul Monte Chiesa di Aritzo. Di Emitteri rivedo con piacere il mio Myrmecomimus paederoides. Di Imenotteri una buona specie di Epyris.
Lasciato il Capo Figari, raggiungo la spiaggia del Golfo degli Aranci. Qui, intorno a’ piccoli fiorellini violacei d’una specie di Statice, unica pianta in fiore che vi esisteva, si aggiravano molti Imenotteri Apiarii, tra quali dominavano in numero le Nomada fucata e furva. Presso la sabbia erano abbondanti l’Enodia albisecta e l’Ammophila rubriventris. Alle 5 a.m. sono già levato per la idea di profittare del treno che parte alle 5 1/2 per Terranova ed ha una fermata alla Marinella, luogo che desideravo esplorare.
Però il cielo era interamente coperto ed una leggiera pioggia cominciava a cadere.
Stimai quindi miglior consiglio attendere per vedere cosa facesse il tempo. Alle 7, essendo cessata la pioggia e le nubi cominciando a dissiparsi, mi avvio al sito stesso a piedi, costeggiando sempre il binario della ferrovia che di tratto in tratto è tagliata nel granito, misto qua e là con lo schisto. Lungo il cammino, fermandomi a frugare tra i soliti lentischi, cisti ecc. rinvengo un grazioso Eupelmus dalle ali brevissime linguiformi, nere con fascia bianca, specie che posteriormente ho raccolto pure a Terranova. Alle 5 1/2 a.m. lascio il Golfo degli Aranci, ove la residenza è tanto acconcia pel Naturalista, ed in ferrovia mi reco a Terranova, ove giungo alle 6. Questa città era da me già conosciuta, essendovi stato nel giugno del 1882. Però la mia dimora in allora non fu che di due soli giorni: uno de’ quali fu impiegato a curiosare il Golfo degli Aranci, cui in quello anno non ancora si accedeva in ferrovia.
A cura di Massimo Velati