Vittorio Alinari, la Sardegna del Golfo degli Aranci

Golfo Aranci

Postale Città di Cagliari

Postale Città di Cagliari

5 aprile 1914 – Vittorio Alinari, la Sardegna del Golfo degli Aranci – Ho mantenuta la promessa fatta ai discendenti di Eleonora e sono tornato in Sardegna. Questa volta mi sono prosaicamente servito dei mezzi posti a disposizione di tutti i mortali che vogliono intraprendere il grande viaggio. La strada ferrata mi ha trasportato, coi miei compagni, a Civitavecchia e a Civitavecchia ci siamo imbarcati sopra uno dei tre vapori delle Ferrovie dello Stato che, a turno, fanno il servizio per il golfo degli Aranci. Il piroscafo è oggi sovraccarico di viaggiatori; le vacanze Pasquali fanno rientrare nei loro focolari, professori, impiegati, negozianti, oriundi dell’isola, e le vacanze Pasquali ci conducono a bordo anche una squadra di studenti della scuola di applicazione di Roma, i quali si recano a visitare, a scopo di studio, le miniere sarde. Piero, il mio più piccolo figliuolo, che ho condotto meco in questo “secondo viaggio e che si rallegrava di essere, per qualche giorno, sfuggito alle grinfie dei professori dell’Istituto Tecnico, viene subito a contatto con quello di disegno e prevede già una traversata fortunosa. Infatti il Cagliari ha appena lasciato il porto che incominciano a ballare maledettamente. La moglie del professore, che ha già ingoiati vari specifici contro il mal di mare, si ritira affrettatamente e ci è facile immaginare, dal colore del volto, come gli specifici comincino a fare il loro effetto. Altri passeggeri si recano sul ponte ad ammirare, dicono, la luna, ma effettivamente sembra nutrino una gran simpatia per i pesci ed intendano farli partecipare alla loro cena.

Porto della Maddalena

Porto della Maddalena

Anche il mio povero Piero non può resistere a tanta piena di affetti e, dolorosamente, versa in seno ad un capitano medico, quel poco che aveva potuto ingerire alla parca mensa di bordo. Già più non si sentono le risate degli studenti, maschi e femmine che scorrazzavano per le sale, nelle cabine e sul ponte. Uno di questi ha continuato per un po’ a bevere sciampagna ed è poi andato a raccontare al Capitano che a lui, il mare, non ha fatto mai male, macchiando in pari tempo il candido panciotto del Capitano, che è così costretto, anche lui, a ritirarsi, almeno per quel po’ di tempo necessario a cambiare sottovesta. A me davvero il mare non ha mai fatto male, ma a forza di vedere da tutti i lati fontane non precisamente versanti acqua di Colonia, sento anch’io una certa uggiolina allo stomaco che mi decide a recarmi, come gli altri compagni, a contemplare la luna. Molti si lamentano del mal di mare; la sensazione ch’io provo nell’esercizio della piscicultura è invece qualche cosa di dolce, direi quasi piacevole, capace di far dimenticare per un po’ le noie e gli affanni terrestri ; sembra che l’anima, resa libera dalla greve spoglia del corpo mortale, si libri nell’etere imponderabile e inizi il viaggio per il Paradiso di Maometto. Ad ogni modo, come ogni cosa bella e mortale, passa anche la piacevole sensazione e vado a dormire nella mia cabina. È l’alba quando il postale getta l’ancora nel golfo degli Aranci. Il treno già pronto sulla gettata, ci conduce alla stazione e di qui, dopo breve sosta, prosegue per Terranova. Qua la strada ferrata, dal livello del mare, va gradatamente elevandosi sull’altipiano degradante dei monti Limbara, ai piedi dei quali è posta Tempio, l’antica capitale del Giudicato di Gallura. Poche altre stazioni di secondaria importanza sono servite da questa linea che, a Chilivani, si biforca proseguendo da un lato per Cagliari, mentre l’altra biforcazione ci porta a Sassari.

Paesaggi italici nella Divina Commedia

Capo Figari

Capo Figari

Sullo sfondo Capo Figari, in primo piano Punta Timone, isola di Tavolara. In questa foto dei primi del 900, Vittorio Alinari ha voluto rappresentare la porta dell’inferno inserendola in “Paesaggi italici nella Divina Commedia” Nel maggio del 1900, Vittorio Alinari bandì un concorso rivolto agli artisti italiani: dovevano illustrare la Divina Commedia. Naturalmente secondo i canoni innovativi del Novecento. Il bando fu pubblicato dal ‘Bullettino della Società Fotografica Italiana’. Terminata la Mostra-concorso, Alinari raccolse il materiale per realizzare l’opera ‘La Divina Commedia nuovamente Illustrata da artisti italiani’. Pubblicò la prima Cantica nel 1902, la seconda e la terza nel corso del 1903. Nel 1904 le fece rilegate in un volume unico. La predilezione per Dante era davvero forte e sentita. Emerge anche nel resoconto di viaggio ‘In Sardegna’. Vittorio Alinari cita l’Inferno parlando degli ex possedimenti sardi del conte Ugolino della Gerardesca. L’esposizione Paesaggi italici nella “Divina Commedia” raccoglie 50 delle originali 78 fotografie che Vittorio Alinari pubblicò a Firenze nel 1921.

Dante e la Sardegna

Dante e la Sardegna

Le immagini rappresentano un testamento artistico e visivo dell’ultimo erede Alinari che, proprio l’anno precedente l’uscita dell’opera, aveva deciso di lasciare il timone della Casa fondata dal padre ottant’anni prima. Ma le bellissime foto che Alinari dedicò ai luoghi d’Italia citati nella Commedia sono anche il ‘testamento’ di un Paese che da li a poco sarebbe stato stravolto tanto da essere, ‘appena’ un secolo dopo, irriconoscibile. Alinari rilegge e ripropone i riferimenti paesaggistici della Commedia alla luce della sua interpretazione pittorica neoromantica. Le fotografie che sembrerebbero raffigurare “alla lettera” anche siti semplicemente citati nella Commedia (si pensi a La Sardegna dal Golfo degli aranci, o alle due vedute di Firenze, o a quella di Roma…), sono in realtà un’interpretazione del paesaggio, una nuova visione dantesca. L’ultimo verso dell’Inferno dantesco è il titolo scelto per la seconda edizione di Dante2021, manifestazione voluta e promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna con la direzione scientifica dell’Accademia della Crusca di Firenze (a cui si deve fra l’altro la prima edizione ‘critica’ della Divina Commedia 1595). Firenze, città natale di Dante (1265) e Ravenna, sua seconda e ultima patria (1321) si sono infatti unite dallo scorso anno in nuovo progetto comune che consolida uno speciale rapporto di amicizia e collaborazione culturale che ha consentito di arricchire il Settembre Dantesco di Ravenna con un festival pluriennale, ideato nel nome del sommo poeta, il cui percorso volge lo sguardo alle celebrazioni per il settimo centenario della morte del padre della lingua italiana.

A cura di Massimo Velati